Proseguendo la nostra analisi in materia di proprietà intellettuale abbiamo oggi il piacere di confrontarci con una stimata professionista: l’Avv. Lifang Dong
Lifang è il primo avvocato italiano di origine cinese in Italia e fondatrice dello studio legale internazionale Dong & Partners, situato a Roma. Nel corso della sua carriera, l’Avvocato ha assistito clienti asiatici desiderosi di investire in Europa e clienti europei interessati ad espandersi verso Oriente. Esperta di commercio internazionale, societario, antitrust, pratiche fiscali, doganali e proprietà intellettuale, argomento al quale ha dedicato il libro “Cina nel WTO: le nuove regole della proprietà intellettuale”.
- La scorsa settimana abbiamo aperto una riflessione sull’importanza, per le aziende italiane e internazionali, della tutela della proprietà intellettuale in Cina. Avv. Dong, nella sua esperienza professionale, la protezione P.I., è un aspetto critico nell’approccio verso il mercato cinese per le PMI italiane?
La protezione della P.I. è sicuramente un elemento importante da considerare in una strategia di internazionalizzazione d’impresa. Da questo punto di vista, il mercato cinese presenta delle proprie peculiarità, di cui bisogna tenere conto. In primo luogo, occorre sottolineare che registrare un marchio o altro titolo di proprietà industriale in Cina non equivale a registrarlo anche a Hong Kong, Macao e Taiwan. In questi paesi esistono degli uffici amministrativi indipendenti e quindi si dovranno fare dei depositi ad hoc, se si vuole ottenere tutela anche per quei territori. Inoltre, è importante valutare l’opportunità di registrare la traslitterazione del marchio in caratteri cinesi, poiché molti concorrenti locali potrebbero utilizzarlo per creare confusione tra i consumatori cinesi. Altro aspetto fondamentale per una strategia di successo è conoscere la cultura locale. Come ci ha insegnato il caso Dolce & Gabbana nel 2018, una strategia comunicativa in contrasto con le sensibilità culturali locali può danneggiare anche i marchi più famosi e affermati. Per questo, è fondamentale affidarsi a un team di professionisti esperti e capaci di accompagnare le PMI italiane lungo il proprio percorso di internazionalizzazione, svolgendo un ruolo di ponte tra culture diverse. Italian Lifestyle, fondandosi su un approccio olistico, affianca le imprese proponendo soluzioni digitali che possano sempre tener conto di esperti legali come noi, in qualità di partner.
- Ci può fare degli esempi di casi in cui, anche grazie al suo supporto, le aziende italiane hanno visto tutelato in modo corretto il proprio marchio e la propria P.I.? Analogamente, ci può indicare casi di errori che consiglia ai nostri lettori di non ripetere?
“Nella mia esperienza professionale mi è capitato spesso di negoziare la cessione e licenza di titoli P.I. in operazioni di fusione societarie o di partnership commerciali e industriali tra parti cinesi ed italiane, dove il titolo P.I. e know how era il punto di forza della parte italiana e fonte del suo potere contrattuale. Sono state trattative complesse, il cui buon esito per tutte le parti coinvolte è dipeso molto da mediazioni culturali, linguistiche e gioco di squadra di un team con competenze multidisciplinari (legali, ingegneristiche ed economiche). Mi è capitato inoltre di difendere un imprenditore italiano in un procedimento di opposizione alla domanda di registrazione del suo marchio in Cina. Anche qui abbiamo giocato di squadra con un team legale composto da professionisti italiani e cinesi, in grado da un lato di gestire il rapporto con il cliente italiano e dall’altro di interfacciarsi con la pubblica amministrazione cinese. Per quanto riguarda invece gli errori da evitare, ricordo casi in cui il cliente ha voluto procedere con il deposito di un marchio senza svolgere prima una ricerca di anteriorità per le classi e territori di interesse, andando così incontro al rigetto della domanda, vanificando l’investimento realizzato. Altro errore comune è quello di non essere tempestivi nella registrazione del proprio titolo P.I. Dato che in materia di registrazione del marchio, vige il principio del “first to file”, è inoltre capitato che un cliente perdesse l’opportunità di entrare in Cina con il proprio marchio, poiché aveva impiegato troppo tempo a decidersi di registrarlo. Così, nel frattempo, il marchio era stato registrato da un terzo.
- Molte aziende italiane temono l’ingresso sul mercato cinese, per questioni burocratiche legate alla registrazione del marchio e dei brevetti di proprietà. Quali sono le 3 regole d’oro che ogni imprenditore dovrebbe tenere a mente prima di aprire un canale di vendita in Cina?
A mio parere, le prime due regole d’oro sono la preparazione e la flessibilità. Il processo di internazionalizzazione, presuppone spirito di adattamento a nuovi mercati, quindi a nuovi contesti sociali, economici e culturali. A tale fine, l’informazione sul contesto geopolitico, economico, legale e culturale cinese rappresenta una risorsa. La Cina è un mercato grande ed altamente competitivo, dove le guanxi – le relazioni interpersonali – sono molto importanti. Per questo è fondamentale circondarsi di professionalità adeguate, capaci di individuare e mettere in pratica la migliore strategia per ottimizzare le energie da impiegare nel progetto, massimizzandone i risultati. Il primo passo è domandarsi quale sia il valore aggiunto ed unicità del proprio prodotto e saperlo comunicare efficacemente. Altro fondamentale tassello è costruire un rapporto di fiducia con i propri clienti e partners commerciali. I business più remunerativi non sono quelli usa e getta, ma quelli più duraturi in ottica di lungo periodo. Infine, la terza regola d’oro è il buon senso e la prudenza. Occorre realizzare le opportune due diligence, prima di firmare contratti o concludere affari. In questo ambito, sono di grande utilità le agenzie investigative private, poiché in Cina molte informazioni commerciali riguardanti le imprese non sono pubblicamente accessibili.
- La crescita esponenziale dell’e-commerce in Cina ha inaugurato nuovi timori riguardo episodi di truffa e contraffazione. Nel corso della sua attività professionale come ha affrontato questo tipo di controversie? Ci può fare l’esempio di aziende che, seppure nelle avversità, sono riuscite a tutelarsi al meglio da episodi di contraffazione online?
La crescita dell’e-commerce purtroppo è stata accompagnata anche dal fenomeno dell’Italian sounding, ovvero l’imitazione delle eccellenze italiane, soprattutto enogastronomiche. Le dimensioni di tale fenomeno hanno raggiunto dimensioni talmente allarmanti che sono state introdotte dal Governo italiano importanti campagne di sensibilizzazione come, ad esempio, il progetto “True Italian Taste” avviato nel 2016 in USA e lanciato in Asia nel 2019. Già nel 2015 e 2016 il Ministero delle Politiche Agricole aveva inoltre concluso importanti accordi anticontraffazione con le piattaforme eBay e Alibaba.
Un efficace strumento di tutela, che ho utilizzato nella mia attività professionale, è la tutela doganale del marchio. Attivarsi in via preventiva è una scelta saggia perché, una volta immesse nel mercato le merci contraffatte, potrebbe risultare molto difficile e costoso rintracciarle e bloccarle. Invece, inoltrando una richiesta preventiva di tutela doganale, qualora la dogana intercettasse una merce sospetta, procederà al blocco della stessa e contatterà il titolare del marchio, invitandolo a ispezionare la merce e a confermare se la merce bloccata è contraffatta. Nel caso in cui fosse confermata la natura non originale della merce, i prodotti potranno essere distrutti e potranno essere accertate eventuali responsabilità civili e penali dei contraffattori.
- Dong, l’Unione Europea e la Repubblica Popolare Cinese hanno ultimato di recente le negoziazioni per il primo accordo sugli investimenti tra le parti. Una delle questioni sul tavolo è stato proprio la protezione della proprietà intellettuale accordata agli investitori stranieri. La firma di questo accordo, secondo lei, frenerà alcune delle incertezze degli investitori in tema di proprietà intellettuale?
Già dall’entrata nel WTO nel 2001 la Cina ha progressivamente rafforzato il suo sistema di protezione dei diritti di proprietà intellettuale, avvicinandolo agli standard internazionali. A tale fine, la Legge cinese sui Marchi del 1982, la Legge cinese sui Brevetti del 1984 e la Legge cinese sul Copyright del 1990 sono già state modificate 4 volte (le ultime modifiche sono intervenute nel 2019 per i marchi e nel 2020 per i brevetti e copyright). Il fattore comune di queste riforme è stato l’inasprimento delle sanzioni contro le violazioni dei diritti di proprietà intellettuale, un codice deontologico per i professionisti e mandatari della proprietà intellettuale e semplificazioni procedurali per facilitare una tutela più rapida ed equa.
La Cina ha inoltre approvato riforme in campo giudiziario per migliorare la tutela della proprietà intellettuale ed ha puntato molto sulla formazione e specializzazione dei giudici. Nel 2014 sono state istituite le prime corti cinesi specializzate in proprietà intellettuale (Beijing, Shanghai, Guangzhou a cui nel 2017 sono state aggiunte quelle di Nanjing, Suzhou, Chengdu, and Wuhan). La Corte Suprema del Popolo cinese svolge inoltre un costante lavoro di monitoraggio dell’efficienza della giustizia in questo ambito. Recentemente, La Corte ha pubblicato un report in cui ha evidenziato che nel 2019 il totale delle controversie giudiziali in materia di PI in Cina è stato 1.945, di cui 1.433 giunte a sentenza con una durata media del processo di 40 giorni.
La Cina ha preso coscienza dell’importanza di tutelare la PI. Nei primi dieci mesi del 2020, la Cina ha ricevuto 1.23 milioni di richieste di brevetti con un aumento dell’11,2% su base annua. Oggi, infatti, esistono molte aziende cinesi che sentono il bisogno di tutelare i propri marchi e la propria reputazione nel mondo. Si pensi ad esempio al settore della telefonia e dell’elettronica. Anche i consumatori cinesi hanno sviluppato una maggiore sensibilità verso l’originalità del marchio e la qualità del prodotto, che influenzano sempre di più gli acquisti. Oggi la Cina non è più la fabbrica del mondo, ma punta ad essere una potenza industriale con un alto livello di benessere sociale. A questa logica è ispirato anche l’obiettivo strategico di raggiungere un’autosufficienza scientifica e tecnologica. Già con il piano “Made in China 2025” si puntava ad aumentare la qualità della produzione industriale e l’innovazione era il motore di questo piano. Dal 2018 si è affiancato anche il piano “China Standards 2035”, che mira alla semplificazione degli standard tecnologici interni ed a raggiungere un maggior coinvolgimento della Cina nella determinazione degli standard internazionali dell’industria hi-tech. Ciò al fine di prevenire eventuali effetti negativi del disaccoppiamento (decoupling) dell’economia cinese da quella americana e per rafforzare il ruolo della Cina come potenza tecnologica globale. Infine, tra gli obiettivi dell’attuale politica economica di Pechino, indicati nel 14° Piano quinquennale cinese per lo sviluppo economico e sociale 2021-2025, vi è il rafforzamento del mercato interno e la diminuzione della dipendenza economica cinese dalle esportazioni. Ciò si traduce in una apertura del mercato cinese alle aziende straniere, che trova conferma nel contenuto del recente accordo Cina-Europa in materia di investimenti.
Vi presentiamo L’Avv. Lifang Dong, nostro partner per gli affari legali a tutela delle nostre imprese clienti con cui abbiamo un legame di fiducia, oltre che accordi economici vantaggiosi.
L’Avv. Dong è consulente legale dell’Ambasciata della Repubblica Popolare cinese in Italia; membro della 5° Conferenza Mondiale del Chinese Overseas Friendship Association; consulente legale del China State Council’s Chinese Overseas Office, rappresentante per l’Italia; consulente legale del Legal Advisory Committee of All-China Federation of Returned Overseas Chinese; membro della Chinese Judicial Studies Association (CJSA), rappresentante per l’Italia, fondata dalla Suprema Corte Cinese; Chief Representative del Wenzhou International Arbitration Center di Roma; già membro della Task Force Cina presso il Ministero dello Sviluppo Economico (macroarea Relazioni Internazionali e macroarea One Belt One Road); Arbitro presso il Chinese European Arbitration Center (CEAC); Membro della Commissione di diritto europeo e internazionale dell’Ordine degli Avvocati di Roma.
L’Avv. Dong è inoltre presidente dell’Associazione Silk Council, che promuove l’interscambio commerciale e culturale tra istituzioni, enti privati, imprese, e professionisti lungo la Nuova Via della Seta, è stata particolarmente attiva durante la prima fase dell’emergenza Covid-19 attraverso iniziative bilaterali di supporto, prima alla Cina, poi all’Italia e campagne di sensibilizzazione mediatica e di solidarietà internazionale.
Infine, l’Avv. Dong è guest speaker in numerosi convegni nazionali e internazionali, opinion maker per molti media nazionali e internazionali, docente per università italiane ed estere e autore di numerose pubblicazioni in diritto comparato, proprietà intellettuale, arbitrato, geopolitica ed economia internazionale. Nel 2018 è stata premiata come miglior imprenditore straniero in Italia per la categoria Innovazione ai Moneygram Awards 2018.